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Come sono diventata un Au Pair a New York

Di Sammy-JoTempo di lettura: 3 min.
Come sono diventata un Au Pair a New York
Ciao e benvenuti al mio primo post su questo blog!

Mi chiamo Sammy-Jo, ho 21 anni e tre anni fa ho preso la decisione migliore della mia vita: sono diventata un Au Pair negli Stati Uniti!

Come è successo? Beh, ora ve lo racconto!

Crescendo in una famiglia tedesca-americana, ho sempre saputo che volevo conoscere di più della cultura americana. E quale posto migliore per farlo se non gli Stati Uniti? Quindi, dopo aver finito la scuola, ho deciso che volevo spendere un anno all’estero negli Stati Uniti. Non sapevo come farlo però. Avevo preso in considerazione dei tirocini, ma mi sono resa conto che non sarei stata in grado di vedere molto degli USA in questo modo. Il programma ‘Lavoro e Studio’ sembrava interessante, ma non mi piaceva l’idea di dover pagare affitto e cibo.
Una mia amica mi aveva detto che sarebbe andata ad un evento dove delle ragazze alla pari avrebbero parlato delle loro esperienze e del programma in generale. Ho deciso di andare con lei e sono contenta di averlo fatto! Come Au Pair non avrei dovuto spendere soldi in affitto o cibo. E come bonus avrei potuto viaggiare per un mese dopo aver finito il programma. Non ho esitato molto e ho preso parte ad una delle esperienze più belle della mia vita.

Ciò che è seguito è stato un lungo processo: scrivere la mia applicazione, scegliere foto, procurare riferimenti e prove del fatto che avevo oltre 200 ore di esperienza nell'assistenza all'infanzia. Avevo lavorato in un centro estivo, ero stata babysitter e tutor d’inglese, quindi sapevo di avere l'esperienza, ma 200 ore mi sembravano davvero tante.E poi FINALMENTE le famiglie ospitanti hanno iniziato a contattarmi.
Non sapevo cosa aspettarmi. Di quanti bambini mi sarei dovuta prendere cura? Dove mi sarei trasferita? Avrei vissuto in campagna, circondata da campi? O avrei avuto la possibilità di godermi la città?
Due mesi dopo la mia applicazione, ancora non sapevo nulla. Avevo parlato con famiglie in Colorado, Virginia, California e Oregon. Ma nessuna sembrava il match perfetto per me.

Poi ho ricevuto un messaggio da una famiglia di New York. Una coppia sposata di circa 30 anni con tre fantastici bambini: Elliott, Marc e Rose. Ho letto il loro profilo più di una volta e, più lo leggevo, più volevo conoscerli. Durante il colloquio tramite Skype ero nervosissima. E se non gli fossi piaciuta? E se non sono quello che si erano aspettati? Ogni volta che sentivo lo squillo della chiamata di Skype mi agitavo sempre di più. Quando finalmente hanno risposto, mi sono trovata faccia a faccia con il padre. Da quanto ero nervosa, ho capito solo metà di quello che mi aveva detto, ma ho risposto comunque, sperando di non sembrare troppo stupida. Mi ha spiegato i miei compiti come Au Pair, mi ha parlato della loro religione (Ebraismo) e delle loro restrizioni nella dieta e mi ha chiesto se avevo qualche problema a lavorare con una famiglia non-cristiana. Ovviamente per me non era un problema e una settimana dopo ho ricevuto un’altra chiamata, questa volta dalla madre. Anche lei mi ha fatto qualche domanda (“Quali sono le tue materie preferite a scuola? Cosa ti piace fare nel tuo tempo libero?”) e ho risposto meglio che potevo. Quando mi hanno chiesto di essere la loro Au Pair, il mio cuore si è fermato per un secondo e volevo urlargli “Sì!” in faccia. Ma facendo la 19enne matura, ho chiesto di parlare con i bambini prima. A loro non dispiaceva affatto e qualche giorno dopo ho avuto modo di parlare con tre bambini esaltati che saltavano e ridevano, facevano battute e mi mostravano i loro giochi. Ero felice di aver trovato la famiglia ospitante perfetta per me.

Ora arriva la parte non tanto divertente. Andare all’ambasciata e fare domanda per il visto J1. Non è stato difficile quanto mi aspettavo però. La mia agenzia per Au Pairs mi ha aiutato in ogni aspetto.
Il 2 maggio si stava avvicinando e mi ero resa conto che avrei dovuto iniziare a fare la valigia per il mio anno all’estero. Ho preso la valigia più grande che ho trovato e ho cercato di farci stare tutta la mia vita. L’idea di entrare in valigia non sembrava piacere molto al mio cane, quindi l’ho lasciato in Germania. Un giorno prima del mio volo ero sopraffatta dalle emozioni. Non avrei visto la mia famiglia e i miei amici per un anno intero. Grazie a Dio, ho i migliori amici nel mondo che mi hanno organizzato una festa a sorpresa il giorno prima della mia partenza.
16 ore dopo ero sul mio volo per New York. Mi mancava la mia famiglia, ma ero anche molto felice di iniziare questa nuova avventura. Io ed altre ragazze alla pari siamo state prelevate dall’aeroporto e trasportate nel centro di formazione per Au Pair, dove ci hanno spiegate le basi del lavoro con i bambini per una settimana. La mia nostalgia di casa peggiorava ogni giorno. Mentre mi stavano portando dalla mia famiglia ospitante continuavo a pensare: forse non è stata una buona idea, forse dovrei prenotare il prossimo volo per la Germania. Ma tutto ciò è cambiato quando ho incontrato la mia famiglia ospitante di persona. Mi hanno accolto con grandi sorrisi e abbracci. Tutto d’un tratto non sentivo più la nostalgia di casa, perché avevo trovato una nuova casa e una seconda famiglia a New York.

Spero vi sia piaciuto conoscermi un po’. Posterò altri articoli molto presto.

Sammy-Jo
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